Questo mese la redazione di Occhioalaretina.it vi mette a disposizione due lavori usciti sulla rivista Retina che riguardano l’Avastina. Come sapete l’Avastina è un anticorpo monoclonale anti-VEGF che viene iniettato off-label all’interno dell’occhio. Al momento l’Avastina è il primo anti-VEGF a poter essere utilizzato in Italia. Il farmaco si trova in fascia H, per cui può essere utilizzato nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale solo dopo avere presentato una richiesta di sperimentazione al comitato etico locale, mentre l’unico modo per poter utilizzare il farmaco al di fuori del SSN è acquistarlo presso la farmacia del Vaticano o in Svizzera. 
Gli altri anticorpi Macugen e Lucentis non sono al momento ancora disponibili in commercio ma stando ai risultati preliminari delle varie sperimentazioni sembrerebbe che potranno in qualche modo migliorare la vita e la vista di molti pazienti affetti da malattie neovascolari della retina e coroide e farci presto dimenticare l’Avastina. Una volta in commercio, Macugen e Lucentis saranno disponibili in siringhe pre-calibrate, sterili e pronte all’uso e il farmaco sarà autorizzato per l’utilizzo intraoculare.
In attesa che questo avvenga, oggi abbiamo a disposizione solo l’Avastina che in diversi studi pilota sembrerebbe avere una buona efficacia non solo nel ridurre il rischio di ulteriore perdita visiva ma anche di migliorare la funzione visiva. La formulazione prevede due dosaggi da 100 mg in 4 ml di soluzione acquosa o 400 mg in 16 ml di soluzione. E’ chiaro che questa formulazione è stata fatta per l’utilizzo del farmaco per via endovenosa e non intraoculare, per cui cresce sempre più la necessità di sapere cosa succede al farmaco quando questo viene suddiviso in tante siringhe e se la conservazione in frigorifero delle siringhe contenenti la dose influenza in modo significativo la degradazione dell’anticorpo. D’altro lato, dato che l’utilizzo del farmaco è off-label è importante cercare di  trovare evidenze che questo farmaco una volta iniettato dentro l’occhio non sia tossico.
Nei due lavori che vi proponiamo gli autori hanno da un lato dimostrato che l’Avastina ai dosaggi che normalmente vengono utilizzati nella pratica clinica non è tossico, almeno in vitro, nei confronti delle cellule del neuroepitelio e dell’epitelio pigmentato retinico. Dall’altro hanno misurato la capacità dell’anticorpo di legarsi al VEGF una volta che il farmaco veniva suddiviso in siringhe da insulina e conservato a +4° C o congelato. I risultati hanno evidenziato che il farmaco si degrada del 1,6% a 1 settimana, 0% a 3 settimane, 8,8% a 3 mesi e 15,9% a 6 mesi quando conservato a +4°C